Lady Penelope e il Caso del Tè
Episodio I — Un segreto tra le tazze
La villa di Lady Penelope era avvolta in una nebbia fitta, quella fredda mattina di dicembre. Il giardino sembrava sospeso nel tempo, e le finestre tremavano sotto il respiro dell’inverno. I suoi ospiti, un gruppo eterogeneo di amici e parenti, si erano riuniti per il tradizionale tè delle cinque. Ma questa volta, il tè avrebbe portato con sé un segreto oscuro.
La signora Agnes, la governante, aveva preparato tutto con cura. Le foglie profumate galleggiavano nella teiera d’argento, e le tazze di porcellana erano disposte con precisione millimetrica. Lady Penelope, una donna dai capelli grigi raccolti in uno chignon impeccabile e occhi che non perdonavano, si sedette al capo del tavolo.
“Benvenuti, miei cari amici,” disse Lady Penelope. “Oggi abbiamo un motivo speciale per festeggiare.”
Ma mentre i partecipanti sorseggiavano il tè, qualcosa andò storto. Il signor Archibald, un avvocato dall’aria sospetta e mani sempre troppo nervose, si alzò di scatto. Si aggrappò alla gola, gli occhi spalancati come finestre sul terrore. Poi collassò sulla sedia, rovesciando la tazza.
Il panico si diffuse come un’onda. La signora Agnes si precipitò verso di lui, ma era troppo tardi. Il suo volto era bluastro, e la mano stringeva ancora la tazza incriminata.
Lady Penelope si alzò lentamente. Il suo sorriso svanì come la nebbia alla finestra.
“Qualcuno ha avvelenato il tè,” disse con voce ferma. “E quel qualcuno è seduto tra noi.”
Gli ospiti si guardarono l’un l’altro con sospetto. C’era il colonnello Hastings, un ex militare dal passato torbido e occhi che non tremavano mai. La signora Beatrice, scrittrice di gialli, troppo calma per essere innocente. E il giovane Lord Edward, erede di una fortuna immensa, più interessato ai quadri che alle persone.
Lady Penelope iniziò a indagare. Interrogò ciascun ospite, scrutando i loro volti come pagine da decifrare. Il colonnello parlò di un debito di gioco. Beatrice accennò a un romanzo inedito, ma il suo sguardo fuggiva verso la finestra. Edward si limitava a sorridere, come se fosse in visita a un museo.
Lady Penelope si concentrò sulla signora Agnes. Era stata lei a servire il tè.
“Ho solo fatto il mio dovere,” disse la governante, con voce tremante. “Non so nulla dell’avvelenamento.”
Ma Penelope non si arrese. Frugando tra gli oggetti personali, trovò una lettera nascosta. Era indirizzata alla signora Agnes. “Devo proteggere la mia famiglia,” diceva. Un figlio malato. Un debito. Un ricatto.
Il colpevole era il signor Archibald stesso. Aveva scoperto il segreto della governante e l’aveva costretta a compiere il gesto. Ma non aveva previsto che la sua stessa tazza sarebbe stata scambiata.
Il mistero era risolto. La signora Agnes fu scagionata. Lady Penelope aveva dimostrato ancora una volta che l’intuito, quando è affilato come una lama, può tagliare anche la nebbia più fitta.
E così, quella fredda mattina di dicembre, mentre il sole filtrava tra le tende e la nebbia si diradava, Lady Penelope sollevò la tazza di tè e disse:
“Alla verità.”
E tutti gli ospiti alzarono le loro tazze, brindando al coraggio e alla giustizia.
Elisabetta Sanguedolce
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