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La Solitudine

  La Solitudine Versi dal silenzio interiore La solitudine, un dolore silenzioso, Un abisso senza fine, un naufragio interiore. Ma forse, in questo silenzio, troverò la mia voce, E la solitudine diventerà un canto di speranza. La luna, pallida e malinconica, Guarda dall’alto la mia misera esistenza. E le lacrime si confondono con la pioggia, Nascoste, come il mio cuore, nel buio. Nel silenzio dell’anima, la solitudine si insinua, Un’ombra grigia che avvolge il cuore, Come un abbraccio freddo e implacabile. Le stelle, lontane e inaccessibili, Sembrano danzare al ritmo della mia tristezza. E il vento sussurra segreti di altre vite, Ma io resto qui, sola, con la mia pena. Elisabetta Sanguedolce

Christiane e il Mistero del Teatro Abbandonato

 

Christiane e il Mistero del Teatro Abbandonato

Episodio I - Il fantasma tra le quinte

La pioggia scrosciava incessante su Londra, e le strade erano avvolte in un velo di nebbia. Christiane, l'indagatrice dell'incubo, si ritrovò davanti a un vecchio teatro abbandonato. Le insegne sbiadite recitavano “Teatro dell’Oscurità”, ma ora sembrava più un luogo di desolazione che di spettacolo.

Melissa, la sua assistente, la seguiva con passo incerto.
“Christiane, cosa ci facciamo qui? Questo posto sembra maledetto.”

Christiane si fermò davanti alla porta di legno marcio.
“Melissa, i fantasmi amano i teatri. Hanno un debole per le luci soffuse e le risate smorzate. E questo teatro…”
Fece una pausa, scrutando le finestre rotte.
“Questo teatro ha una storia oscura.”

Teatro abbandonato

Entrarono. L’interno era un labirinto di corridoi polverosi e palchi sgretolati. Le sedie erano coperte di ragnatele, e l’aria profumava di muffa e vecchio legno. Christiane accese la sua lanterna e illuminò le pareti. Quadri di attori e attrici dai volti pallidi fissavano il vuoto.

“Qui è successo qualcosa,” mormorò Melissa. “Qualcosa di terribile.”

Christiane annuì.
“Una tragedia. Un’attrice, Isabella, scomparve proprio qui, sul palco. Si dice che il suo fantasma ancora danzi tra le quinte.”

Melissa fece una smorfia.
“Fantasmi ballerini? Non ho mai capito perché non si limitino a spaventare la gente.”

Ma Christiane sapeva che c’era di più. Isabella aveva avuto una relazione con il regista, un uomo losco con un passato oscuro. Aveva scoperto i suoi segreti e minacciato di rivelarli. Poi era svanita nel nulla.

Mentre esploravano il teatro, sentirono un suono. Un sussurro, un lamento. Seguirono la voce fino al palco principale. Lì, in mezzo alle macerie, c’era Isabella. Il suo vestito da ballerina era logoro, ma i suoi occhi brillavano di rabbia.

“Mi hai trovata,” disse. “E ora pagherai per quello che hai fatto.”

Christiane non si mosse.
“Isabella, cosa è successo?”

La ballerina raccontò la sua storia. Il regista l’aveva uccisa, gettandola nel pozzo sotto il palco. Aveva cercato di nascondere il suo segreto, ma il teatro aveva una memoria lunga. Isabella era rimasta intrappolata tra le sue mura, tormentata dalla sua vendetta incompiuta.

Christiane si avvicinò al pozzo.
“Isabella, ti aiuterò a trovare la pace. Ma devi lasciare andare la tua rabbia.”

La ballerina annuì.
“Promettimi che lo farai pagare.”

Christiane annuì a sua volta.
“Lo farò.”

E così, con l’aiuto di Melissa, scoprì la verità sul regista. Era morto anni prima, ma il suo spirito ancora infestava il teatro. Christiane lo affrontò, e il teatro tremò. Isabella si dissolse nel nulla, e il teatro tornò al suo silenzio.

Da allora, Christiane evitò i teatri abbandonati. Ma ogni tanto, quando la pioggia batteva sui vetri e la nebbia avvolgeva le strade, sentiva ancora la voce di Isabella sussurrare nel vento:
“Grazie, Christiane. Hai fatto giustizia.”

E così, l’indagatrice dell’incubo continuò a vagare tra le ombre di Londra, risolvendo misteri che nessun altro osava affrontare. Perché, come diceva sempre:

“La verità è più strana della finzione.”

 Elisabetta Sanguedolce

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