Cammino.
Non per arrivare da qualche parte, ma per ricordarmi che posso muovermi.
Che posso scegliere la direzione, anche quando tutto intorno sembra volerla decidere per me.
Mi avevano detto che non avevo volontà.
Che non avevo capacità.
Che ero troppo fragile, troppo indecisa, troppo lenta.
E per un po’, ci ho creduto.
Ho lasciato che quelle parole si infilassero sottopelle, come spine invisibili.
Mi sono seduta accanto al dubbio, l’ho ascoltato, l’ho quasi chiamato amico.
Ma poi, un giorno qualunque, ho alzato lo sguardo.
Ho visto le foglie muoversi al vento, ho sentito il sole sulla fronte,
e ho capito che non serve il permesso di nessuno per essere ciò che sono.
Non sono qui per dimostrare nulla.
Non voglio vincere una gara che non ho scelto di correre.
Voglio solo vivere con autenticità, anche quando tremo.
Voglio scegliere, anche quando sbaglio.
Voglio essere, anche quando non capisco chi sono.
Questa lettera non è una rivincita.
È un atto di presenza.
È il mio modo di dire: ci sono.
E nonostante tutto, continuo a camminare.
Con affetto Ely.
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